Think Different - versione italiana
il Blog che cerca di andare oltre le semplici apparenze. Responsabile delle pubblicazioni: Walter Moretti
Maurizio Troccoli • 16 marzo 2009 19:27
Il futuro del trasporto di merce leggera si chiama Pipenet. La rete di “tubi porta pacchi” è stata presentata questa mattina, a Bruxelles, nell’ambito della conferenza sul futuro dei trasporti “Hight level stakeholder conference on the future of trasport”. Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea e commissario della Politica europea dei trasporti che ha incontrato gli ideatori di Pipenet Franco Cotana e Federico Rossi, docenti dell’Università di Perugia, ha definito questa rete come il “quinto sistema di trasporti del futuro”, dopo quello stradale, via mare, ferroviario ed aereo, destinato a collegare capillarmente l'Europa ad altissima velocità e “a trasportare merci leggere - dice Cotana - sostituendo numerosi e pericolosi tradizionali sistemi che sono anche causa di incidenti e di vittime della strada”.
Risparmio energetico ed economico
Oltre alla velocità il sistema Pipenet garantisce risparmio energetico ed economico: “La merce viaggerà ad una velocità che può raggiungere i 1500 km/h – aggiunge Cotana – mentre i consumi energetici, a parità di tonnellate di merce trasportate, risultano ridotti del 70 % rispetto alla strada, del 50% rispetto al trasporto ferroviario e del 90 % rispetto al trasporto aereo, con conseguente riduzione delle emissioni di Co2”. I costi di realizzazione dell'infrastruttura, successivi alle fasi di start up della tecnologia, sono inferiori al milione di euro al chilometro, estremamente ridotti rispetto alle altre infrastrutture di trasporto.
Nessun impatto ambientale
Il sistema può essere realizzato anche in superficie, in affiancamento ad opere esistenti riutilizzando infrastrutture già utilizzate quali tracciati stradali, ferroviari, ponti e gallerie. “Un’altra particolarità – spiega Rossi - è la possibilità della posa in opera sottomarina che potrebbe determinare collegamenti strategici su grandi distanze (esempio Palermo - Napoli - Genova, Bari - Ancona - Trieste, ecc). L’accordo per la realizzazione della rete Pipenet è stato siglato nel 2005, presso la sede di Finmeccanica, tra l’università degli studi di Perugia e l’Arnaldo Breda. Il prototipo è stato illustrato questa mattina ai rappresentanti dell’Unione europea che “ha finanziato – hanno specificato Rossi e Cotana - 500 mila euro per il primo stralcio di progetto che prevede il completamento di un tratto di 70 metri di tubi Pipenet, come campo prova, a Terni”. Il tubolare è dotato di capacità di propulsione, infatti presenta un motore elettrico lineare a sospensione magnetica con assenza di attrito aerodinamico, ottenuto mediante evacuazione dell’aria.
Come funziona
All’interno dei tubolari viaggiano delle capsule contenenti merci che possono arrivare fino a 50 chilogrammi di peso e 200 litri di volume, ovvero il 70% della merce che oggi viene trasportata sulle reti infrastrutturali convenzionali. “In una prima fase – chiarisce Cotana – il sistema Pipenet dovrà collegare i centri dei principali vettori di trasporto merci. Lo sviluppo della rete invece prevede lunghi collegamenti sia sottomarini che via terra, privi di impatto ambientale, di facile, economica e veloce realizzazione poiché il diametro del tubo è di circa un metro.
La nuova moneta unica mondiale è sempre più vicina.
Scritto da Stefano Montanari | |
giovedì 25 dicembre 2008 | |
Per ragioni che non capisco ma che accetto, è uso augurare al prossimo un buon 25 dicembre, l’ipotetico compleanno di Gesù, e al diavolo il resto dell’anno. Ligio alla tradizione, anch’io voglio mandare un po’ di auguri. Per diritto di precedenza, buon Natale a Silvio Berlusconi che, forse approfittando di un percorso di vita incontestabilmente più lungo, di miracoli ne ha fatti ben più di Cristo: dalla sparizione dei rifiuti di Napoli a quella, tuttora in corso, del cervello di molti connazionali. Per diritto onomastico, a seguire, buon Natale a Cristiano Di Pietro, rampollo di cotanto padre e miracolosamente veloce nell’apprendere i segreti del galateo politico italiano. E, naturalmente, buon Natale al babbo e alla sua squadretta di cementificatori, di vestali, di pontefici (nel senso etimologico di costruttori di ponti) e di emuli dei simpatici castori costruttori di dighe, in questo caso in versione lagunare. Buon Natale ad Antonio Bassolino, capitano coraggioso che ha saputo resistere alla tempesta senza che nessuno gli abbia fatto tirar fuori i miliardi di Euro (chi sa dire quanti?) scomparsi in un festoso gioco di prestigio di ecoballe e di aziende dai compiti misteriosi. Buon Natale ai giudici per i quali essere ubriachi ed accoppare (meglio se dopo averla violentata) una donna che non è d’accordo ed oppone resistenza non sono aggravanti come potrebbe apparire a noi che, ingenui ed ignoranti di leggi, siamo capaci di usare solo il buon senso, ma sono attenuanti. E, ancora, un buon Natale a loro, ai magistrati, per i quali massacrare l’ambiente è marachella indegna di attenzione. Al proposito, buon Natale alla Chiesa Cattolica Romana che se ne sta distrattamente ad osservare senza alzare un dito (sempre che se ne accorga) lo scempio che si fa, almeno in proporzione terrestre, del Creato del cui progettista si dichiara rappresentante. Un doveroso buon Natale alla famosa legge CIP6, camaleontico monumento all’illegittimità ed alla mascalzonaggine. Buon Natale alla Costituzione, mutilata e sbeffeggiata da un parlamento mai eletto da nessuno con le ultime amputazioni sottoscritte docilmente da un presidente della repubblica cui nessun italiano ha dato il seggio in senato. Parlando di voti, come non augurare buon Natale agli scrutatori abruzzesi, stanchi per il superlavoro, cui sono sfuggiti i voti dati alla lista Per il Bene Comune addirittura nel seggio dove ha votato il candidato al governatorato? E i miei auguri alla Mafia, senza il cui apporto una bella fetta dell’economia nostrana chiuderebbe bottega, preceduta dalla nostra politica. Naturalmente buon Natale alle società di calcio che vivono in un’altra economia e che possono permettersi di sborsare decine di milioni di Euro per assicurarsi i deliziosi quanto effimeri palleggi di qualche ragazzotto, non dovendo scucire un centesimo per i disastri che una certa frazione di frequentatori degli stadi allestisce con puntuale regolarità ed essendo esentati dalla tirannia del fisco. E l’ARPA? Certo, auguri anche all’ARPA che ci ha tenuti sempre tranquilli raccontandoci con pazienza le favole della buona notte, qualche volta sacrificando persino qualcuno dei loro che è finito in occasionali, piccole tempestucce giudiziarie, subito sopite, però. Un felice Natale all’ENEL e a tutti i fautori di quella cosa chiamata carbone pulito, sperando che qualcuno smentisca il Nobel Carlo Rubbia, fermo nel negarne l’esistenza. E i miei auguri personali a tutti quegli uomini di buona volontà che stanno cercando di farci chiudere la ricerca, dalla pittoresca psicopatica romana che, dopo un periodo di quiete, ora vive una ricaduta, a certe associazioni comiche che stiamo disturbando a qualche magistrato che, valendosi di consulenti di origini incerte e di altrettanto incerta preparazione scientifica, fanno archiviare procedimenti colossali pur disponendo di materiale a dir poco scottante. Auguri a Legambiente che, dopo i trionfi ottenuti con la messa in opera dell’inceneritore di Brescia e con la prossima riapertura di quello di Verona, sta ora per vedere acceso l’impianto turbogas di Modugno e vede con favore la torre di Babele di rifiuti in partenza nella Torino chiampariniana. Uno splendido Natale a tutti i media di regime che, con rocciosa abnegazione ed eroicamente incuranti della loro missione, sono sempre stati coerenti nel distorcere scientificamente le informazioni sull’ambiente o, nei casi estremi, nel tacerle. Un Natale radioso alla nostra accademia che ha dimostrato con i fatti come esista anche una sorta di Italian Dream che permette persino ad un analfabeta di assurgere alle superbe altezze della cattedra: basta disporre della parentela giusta, di connessioni adeguate e, in mancanza d’altro, di un fisico generoso e disponibile. Da lì, dalla cattedra, applicando la tariffa del caso, si può raggranellare anche qualche soldo. Basta cancellare la scienza alle pagine giuste. Buon Natale e lunga vita all'amianto di cui gl'industriali, i professori juke box e i politici hanno perpetuato l'esistenza a dispetto della più ovvia e della più antica delle evidenze. I mesoteliomi sono anche merito vostro, così come lo sono oggi una collezione di malattie da inquinamento. Buon Natale ad Umberto Veronesi, l'uomo zero. Un buon Natale particolarmente interessato, e questo per motivi geografici, a chi ha dato il permesso d’imbottire un po’ del sottosuolo modenese di gas facendone un deposito colossale per i fabbisogni di clienti stranieri. L’augurio, e questo più che altro a noi che qui abitiamo, è che la terra non tremi come sta facendo ora perché, altrimenti, magari quel gas farà il botto. Infine, certo dopo aver dimenticato chissà quanti meritevoli, i miei auguri rispettosi alle autorità modenesi che, resistendo alla tentazione di fare il bene comune e con molto senso dell’umorismo, ci hanno ampliato l’inceneritore, invitandoci a produrre con rinnovata lena rifiuti se non vogliamo che si spenga quel ricco, sempre più gigantesco falò. Buon Natale non al vecchio mondo ma al mondo vecchio.
Immagine di Simona Bassano di Tufillo |
Ecoterrorismo, speculazione edilizia, mafia e corruzione, questo ed altro nella quinta puntata, del programma condotto da Alessandro Sortino scritto con Francesca Biagiotti.
C'è chi dice che non si possa fare, c'è chi dice che non si possa diffondere, c'è chi dice che non potrei essere il solo che potrebbe pagare le conseguenze per quello che sto facendo (!), c'è chi, invece, crede che questo sia un piccolo, minuscolo passo verso la trasparenza delle istituzioni pubbliche.
"Riprendo anch'io"
Dal libro “CANCRO SPA: leggere attentamente le avvertenze prima dell’uso” di Marcello Pamio
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Domanda molto importante, perché è giusto sapere cosa farebbero i medici oncologi - quelli che usano ogni giorno i chemioterapici su altre persone - se avessero loro un tumore.
Nel marzo del 2005 al Senato australiano è stata presentata una “Inchiesta sui servizi e sulle opzioni di trattamento di persone con cancro”, prodotta dal Cancer Information & Support Society, del St. Leonards di Sydney(1).
Secondo tale inchiesta, alcuni scienziati del McGill Cancer Center di Montreal in Canada, inviarono a 118 medici, esperti di cancro ai polmoni, un questionario per determinare quale grado di fiducia nutrissero nelle terapie da loro applicate, nel caso essi stessi avessero sviluppato la malattia.
Risposero 79 medici e 64 di loro non avrebbero acconsentito a sottoporsi ad un trattamento che contenesse Cisplatino (un chemioterapico molto utilizzato a base di platino). Mentre 58 dei 79 reputavano che tutte le terapie sperimentali in questione fossero inaccettabili a causa dell'inefficacia e dell'elevato grado di tossicità (2)!
Un risultato eclatante: l’81% degli oncologi intervistati, in caso di tumore, non si farebbero somministrare un chemioterapico, mentre il 73% di loro reputano addirittura le “terapie sperimentali inaccettabili per l’elevato grado di tossicità”.
Anche se il numero di oncologi intervistati non è molto elevato, ognuno tragga le proprie conclusioni…
Costi dei trattamenti oncologici
Considerando i due principali strumenti terapeutici nelle mani degli oncologi (chemio e radio), vediamo il costo di un tumore oggi in Italia.
Attualmente sappiamo esserci in Italia 1,7 milioni di ammalati[3] e oltre 270.000 nuovi malati ogni anno (in America ogni anno i nuovi malati di cancro sono 1.372.910 (4).
La conclusione, senza entrare troppo nel dettaglio, è la seguente: il tumore in Italia (solamente tra chemio e radio, escludendo quindi chirurgia, costi di degenza, farmaci vari, apparato medico e infermieristico, i soldi fagocitati dalle industrie per la ricerca, ecc.) è indubbiamente una delle patologie più costose, non solo in termini di vite umane, ma soprattutto dal punto di vista economico.
In Appendice del libro sono stati appositamente pubblicati, oltre una ventina di “bugiardini” di chemioterapici con i loro effetti collaterali devastanti (foglietti illustrativi), anche i costi ufficiali (dichiarati dalle rispettive case di produzione) dei più diffusi chemioterapici in circolazione, per rendersi conto di quello che è stato appena detto.
Un qualsiasi tumore trattato con chemio e radioterapia (ad esclusione della chirurgia i cui costi sono paragonabili a quelli della chemioterapia), costa al Sistema sanitario nazionale svariate centinaia di migliaia di euro.
Un solo paziente oncologico.
Sembra impossibile, ma è proprio così.
Una testimonianza esemplare è stata pubblicata dal settimanale “Gente” poco tempo fa.
Si tratta della vicenda di Gennaro De Stefano, un uomo normalissimo, che nel suo “Diario di un malato di cancro” ha provato a comporre la “lista della spesa” per la sua malattia.
Dopo aver consultato medici e fotocopiato le fustelle dei farmaci, ha messo insieme tutte queste informazioni.
Il suo calvario è iniziato con due interventi chirurgici (biopsia più operazione alla vescica) e una degenza di 22 giorni, per un totale di 30.000 euro[5]
Il primo ciclo di chemio è costato 9.000 euro e 1.500 euro spesi per ogni TAC effettuata[6] (ne ha fatte oltre 20).
«Un ciclo completo di cocktail chemioterapici partiva da alcune migliaia di euro per arrivare anche a 50 mila euro al mese per ogni paziente».[7]
«Durante la chemioterapia, che, com’è noto, fa abbassare i globuli bianchi e quelli rossi (tralasciando la quantità impressionante di medicinali di sostegno per lo stomaco, l’intestino, la fatica, la nausea, il vomito e via cantando), occorre sottoporsi a cure ormonali che aiutino la crescita dei globuli bianchi. Di solito si fanno tre o quattro iniezioni che costano una 1.500 euro, le altre 150 euro ognuna. Arriva poi l’Epo, l’ormone diventato famoso come doping dei ciclisti, che costa dai 500 ai 1.000 euro a iniezione. Di queste bombe ne avrò fatte, fino a oggi, una quarantina».[8]
Ha dovuto eseguire la radioterapia (6.000 euro); un nuovo intervento chirurgico per alcune metastasi (9.000 euro); di nuovo radioterapia, ecc.
Risultato:
Questo che avete appena letto, purtroppo, è l’iter seguito dalla stragrande maggioranza dei malati oncologici.
Moltiplicate questa cifra per il numero dei malati vecchi e nuovi, e capirete dal risultato che forse per qualcuno - e dico forse - non c’è convenienza nel trovare la soluzione definitiva ad una patologia che sviluppa centinaia di miliardi di euro ogni anno in Italia.
Ogni anno la “lobbies del cancro” - solamente con i nuovi ammalati (270.000 persone), e supponendo che tutti entrino nei percorsi terapeutici - movimenta una cifra superiore a 54.000.000.000 di euro.
Cinquantaquattro miliardi di euro ogni anno per un trattamento oncologico.
Se a questi ci aggiungiamo tutte le persone ammalate di cancro oggi in Italia (1 milione e 700 mila), che ripetono i trattamenti, che necessitano di trapianto di midollo, che muoiono nonostante, o per colpa delle terapie, ecc., tale cifra, come detto prima, raggiungerà i centinaia di miliardi di euro.
Pensate all’industria della morte, meglio nota come “imprese funebri”.
Ogni anno sono 162.000 le persone che muoiono per cancro in Italia (dati Istat).
I costi per un servizio funebre privato (pagato dalle famiglie) vanno da un minimo di 2.155 euro (Roma) a un massimo di 3.575 euro (Milano)[9] a persona. Facendo una media più che ragionevole di 3000 euro…il ‘lutto per cancro’ (funerale, epigrafi, fiori, trasporto, organizzazione) sottrae alla società 486.000.000 di euro. Tutti gli anni inesorabilmente.
Pensate nel mondo intero…
Ecco cosa riporta il “bugiardino” (pubblicato assieme agli altri in appendice) di uno dei più usati chemioterapici:
Effetti controindicati:
- Gravi aritmie acute sono state descritte durante o poche ore dopo la somministrazione;
- Una mielosoppressione grave può provocare insorgenza di emorragia e superinfezioni, e costituisce una indicazione alla riduzione o alla sospensione della Doxorubicina;
- Esiste un rischio accertato di sviluppo di cardiomiopatia indotta dalle antracicline e dipendente dalla dose cumulativa;
- Il rischio di insufficienza cardiaca nei pazienti neoplastici trattati con Doxorubicina persiste per tutta la vita;
- Può potenziare la tossicità della radioterapia e di altre terapie anti-neoplastiche;
- Neoplasie benigne e maligne;
- Il verificarsi di una leucemia mieloide acuta secondaria;
- Il danno del tratto gastrointestinale può indurre ad ulcera, emorragia e perforazione;
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SMALTIMENTO: Il personale che manipola
Le fuoriuscite o le perdite di soluzione devono essere trattate con ipoclorito di sodio diluito che preferibilmente va lasciato agire per tutta la notte e a cui va fatto seguire un risciacquo con acqua.
Introducendo glutammato attraverso l'alimentazione (lo zucchero sintetico aspartame, glutammato monosodico, proteine vegetali idrolizzate, ecc.), i livelli nel sangue (del glutammato) aumentano fino a 20 volte! In pratica vengono stimolati tutti i ricettori: ecco perché alcune persone hanno dispepsia o diarrea esplosiva, perché i glutammati stimolano i ricettori dell’esofago e dell’intestino. Altri possono sviluppare colon irritabile, se invece soffrono di reflusso esofageo, questo peggiora. Quando il fenomeno interessa il sistema cardiocircolatorio, potrebbe invece spiegare l’aumento di infarti letali, sempre più numerosi.
La cosa comune a tutti questi casi è un livello basso di magnesio.
Additivi che contengono sempre Glutammato: Glutammato monosodico; Proteine vegetali idrolizzate; Proteine idrolizzate; Piante proteiche idrolizzate; Estratti di piante proteiche; Sodio caseinato; Calcio caseinato; Estratto di Lievito; Proteine strutturate; Avena idrolizzata.
Alimenti che contengono spesso Glutammato: Estratto di Malto; Condimento al malto; Brodo; Condimenti; Condimenti naturali; Spezie.
Alimenti che non contengono Glutammato: Enzimi; Proteina concentrata di soja;
- Aspartato o acido aspartico è un amminoacido usato dal cervello come neurotrasmettitore: è una eccitotossina. Ad alte dosi può provocare la morte dei neuroni.
- Glutammato è un amminoacido eccitante usato nel cervello come neurotrasmettitore. Ad alte dosi è considerato una eccitotossina. Quando gli è concesso di accumularsi a concentrazioni elevate, può diventare un veleno potente per i neuroni del Sistema nervoso.
- Glutammato monosodico (MSG) è il sale sodico del glutammato. Ha le stesse proprietà eccitanti del glutammato.
- L'Aspartame, lo zucchero sintetico, è composto da: Acido aspartico (40%), Fenilalanina (50%), metanolo (10%).
E siamo alle solite. Il governo si è insediato da nemmeno due mesi che già Berlusconi propone e impone la consueta legge "ad personam", fatta su misura per salvarlo da quelli che vengono pudicamente chiamati i suoi "guai giudiziari". È un dejavù. Ma questa volta la legge è talmente scombicchierata, sconclusionata, assurda, irragionevole, irrazionale, spudorata e, soprattutto, devastante per l'intero ordinamento giudiziario e per il convivere civile che si stenta a credere che due senatori abbiano osato proporla, un governo e un ministro della Giustizia l'abbiano fatta propria, una maggioranza l'abbia sostenuta e un Parlamento l'abbia approvata. Perché è una legge che non si è mai vista nè nel Primo nè nel Terzo Mondo e nemmeno all'altro mondo. Perché non sta nè in cielo nè in terra.
Dunque, un emendamento inserito in un decreto che prende il nome, divenuto quanto mai beffardo, di "decreto sicurezza", statuisce la sospensione dei processi in corso che riguardano reati commessi prima del 30 giugno 2002 e che prevedono una pena non superiore ai dieci anni di carcere. Un ulteriore emendamento intima ai magistrati di dare priorità, anche per il presente e il futuro, ai reati che hanno una pena edittale superiore ai dieci anni. La "ratio" di questi emendamenti è di "dare priorità ai reati che destano maggior allarme sociale". Perché non destano "allarme sociale" le rapine, i sequestri di persona, le estorsioni, gli stupri, le violenze sessuali, la bancarotta fraudolenta, la concussione, la corruzione, la corruzione di magistrati che non sono che una parte di quelli che rientrano nella norma che prevede la sospensione dei rispettivi processi e per alcuni dei quali la stessa maggioranza non fa che invocare la "tolleranza zero"? E non desta "allarme sociale" che un presidente del Consiglio abbia potuto corrompere un testimone, in due distinti processi, pagandogli 600 mila dollari perché mentisse, è esattamente il reato per cui l'onorevole Berlusconi è sotto processo davanti al Tribunale di Milano, e che rientra naturalmente fra quelli che verranno sospesi (reato attribuito al premier è, guarda caso, del febbraio 2001), e per il quale è stato organizzato tutto questo incredibile baradan? Senza contare che tutto ciò dilata ulteriormente i già lunghissimi tempi della giustizia italiana di cui tutti, a parole, lamentano, e che ne sono il vero cancro. E senza nemmeno mettere in conto che queste norme inaudite violano almeno tre principi fondamentali del nostro ordinamento, costituzionalmente garantiti: l'uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, l'indipendenza della Magistratura, l'obbligatorietà dell'azione penale. E che indicazioni ne trarranno, per il presente e per il futuro, i rapinatori, gli stupratori, gli scippatori, i topi d'appartamento, i bancarottieri, i concussori, i corruttori?
Un intero ordinamento giuridico viene scardinato a pro di una singola persona. Norme del genere avrebbero innescato una rivoluzione non dico in un qualsiasi Paese liberaldemocratico e occidentale, ma nel Burundi, nel Burkina Faso, nel Benin. E invece da noi stanno per passare tranquillamente salvo qualche ammoina dell'opposizione il cui leader, Walter Veltroni, ha affermato che "è stata strappata la tela del dialogo". Qui ciò che è stato strappato, anzi stracciato, è il diritto che riguarda tutta la comunità e non il rapporto con l'opposizione di cui potremmo anche fregarcene. Così come la questione non riguarda lo scontro fra Esecutivo e Magistratura. Riguarda noi tutti.
Che fare? Forse sarebbe stato meglio dar retta a un modesto suggerimento che mi permettevo di dare sul Tempo di Roma (che non è esattamente un quotidiano di sinistra) a metà degli anni '90, quando Berlusconi cominciò la sua devastante campagna contro la Magistratura italiana. E cioè, varare una norma del tutto speciale, sulla falsariga delle "Disposizioni transitorie e finali" che stanno in coda alla nostra Costituzione, e che recitasse, più o meno, così: "Silvio Berlusconi, i suoi discendenti, le sue consorti, i suoi consanguinei e tutti i membri, a qualsiasi titolo, della Casa di Arcore sono dispensati, per il passato, il presente e il futuro, dall'obbligo del rispetto delle leggi penali". Ci saremmo perlomeno risparmiati lo scempio di questi giorni.
Massimo Fini da ll Gazzettino 20 giugno 2008
SILVANO AGOSTI
Qualche esempio che potrebbe interessare sia il privato cittadino che le amministrazioni pubbliche:
Può suonare paradossale, ma è una seria e certa realtà giuridica: lo Stato italiano non è la Repubblica italiana voluta dalla Costituzione del 1948. È in radicale antitesi e contrapposizione con la Costituzione e con i fondamenti della medesima. Forse più di quanto lo sarebbe un ordinamento di tipo fascista. Perché in Italia siamo alla proprietà privata dello Stato e dei poteri politici.
L’articolo 1 della Costituzione afferma «L’Italia è una repubblica democratica. La sovranità appartiene al popolo». Al contrario, nello Stato italiano la sovranità economica, la sovranità monetaria, appartiene interamente ai privati. Ai finanzieri privati proprietari di Banca d’Italia. Sì, la Banca d’Italia non è degli Italiani, non è dello Stato: è di finanzieri privati.
La sovranità economica sull’Italia appartiene anche alla Banca Centrale Europea, che, in base al Trattato di Maastricht, è un’istituzione autocratica sopranazionale, esente da ogni controllo democratico e persino giudiziario, gestita da un direttorio nominato dal sistema delle banche private. I suoi direttori sono esonerati da ogni responsabilità e decidono nel segreto. Una vera e propria potenza straniera, alla quale i paesi dell’Eurozona sono sottomessi..
Chi ha il controllo della moneta e del credito, ha il controllo della politica, e incassa il signoraggio sulla produzione della moneta e del credito – per l’Italia, si tratta di circa 800 miliardi di Euro l’anno. Chi ha il potere di fissare il tasso di interesse, di dare e togliere liquidità al mercato, ha perciò stesso il potere di dare e togliere forza all’economia, di far saltare i bilanci delle aziende private e degli Stati. Di costringere questi ultimi ad aumentare le tasse. Di ricattare parlamenti, governi, società. Come sta avvenendo. Come è sempre avvenuto, ad esempio, in America Latina. Bene: questo potere è in mano a privati, che lo esercitano in totale esenzione da ogni responsabilità e sorveglianza. Dicono che ciò sia bene, perché lo esercitano meglio dei politici, che sono corrotti e demagogici. Sì, meglio – ma per se stessi, non per la gente. Non per quelli che non riescono più a pagare il mutuo, e che perdono la casa, mandata all’asta dai banchieri, che la ricomprano attraverso loro società-schermo. Non per le imprese che chiudono o falliscono. Non per i contribuenti, non per i risparmiatori regolarmente truffati ad opera di banchieri privati (che poi forse ritroviamo azionisti di Banca d’Italia, da Parmalat a Enron a Cirio a Halliburton ai credit derivatives).
Veniamo alla Banca d’Italia. Fino al 12 Dicembre 2006, essa era un ente di diritti pubblico con uno statuto emanato per legge dello Stato, e questo statuto, al suo articolo 3, stabiliva che la proprietà della Banca d’Italia doveva essere per la maggioranza in mano pubblica aveva la struttura legale di una società di capitali privati, di una s.p.a., ma una norma – l’art. 3 – stabiliva che la maggioranza del capitale dovesse essere in mano pubblica e che nessuna cessione di quote potesse avvenire, se non a soggetti pubblici. In realtà, questa norma era sempre stata violata: la grande maggioranza delle quote della Banca d’Italia era in mano ai finanzieri privati (banchieri e assicuratori), e quando Prodi eseguì le privatizzazioni delle tre banche di Stato (BNL, CREDIT e Banca Commerciale) proprietarie di quote di Banca d’Italia, non trattenne quelle quote allo Stato, ma le cedette ai privati. Operazione contraria all’articolo 3, o perlomeno elusiva, a cui nessuno di oppose, a suo tempo. Berlusconi, verso la fine della scorsa legislatura, sollevò la questione della proprietà della Banca d’Italia, che doveva essere pubblica, e propose un piano per renderla tale. Ma il mondo bancario, e per esso Mario Draghi, nuovo governatore di Banca d’Italia, pose un secco veto: la Banca d’Italia deve restare privata. Un altro esponente del mondo e degli interessi bancari, Romano Prodi della Banca Goldman Sachs, andato al governo assieme al suo collega della Banca Centrale Europea, Tommaso Padoa Schioppa, si mise subito all’opera: se la legge è violata perché la proprietà della Banca d’Italia è al 95% privata anziché in maggioranza pubblica, non bisogna – sarebbe un sacrilegio – mettere la proprietà in regola con la legge, bensì, al contrario, mettere la legge in regola con la proprietà. Così si è fatto col decreto del 12 dicembre 2006, firmato da Napolitano, Prodi, Padoa Schioppa. Già! Prodi e Padoa Schioppa è ovvio che lo firmino – sono fiduciari dei banchieri. Ma che lo firmi Napolitano, un vecchio comunista, uno che era comunista nel 1948, quando essere comunisti significava essere stalinisti, intransigenti fautori della proprietà collettiva dei mezzi di produzione – che lo firmi Napolitano, è davvero il colmo! Dov’è il suo comunismo? Dov’è la difesa della Costituzione, per la quale doveva dare, se necessario, la vita? Dov’è la difesa del supremo principio della sovranità popolare? E del lavoro come fondamento della Repubblica, del lavoro che invece viene sacrificato all’usura? Napolitano doveva semplicemente rifiutarsi di firmare per far salvi principi essenziali della Costituzione che giurò di difendere.
In realtà, chi conosce i “comunisti” (non la base ingenua e idealista, ma i capi freddi e lucidi – non i Rubashov, cioè, ma i Gletkin del romanzo di Arthur Köstler, Buio a Mezzogiorno), sa che essi non sono comunisti, non gli importa nulla di socialità etc. – i capi “comunisti”, da Stalin in poi, hanno come scopo la conquista e la gestione del potere fini a se stesse. Non hanno un’identità ideologica: per questo fine, essi si servono di tutto, di ogni idea, di ogni uomo, dello Stato, dei principi, come di un puro mezzo, strumenti sostituibili. Sono tecnici della manipolazione sociale. Tutto il resto, per loro, è puerile romanticismo. Va bene per il popolino. Paris vaut bien une messe.
E i partiti della sinistra? Ebbene, si è visto anche nella vicenda Consorte: i partiti della sinistra seguono i finanzieri e si occupano di allineare la società agli interessi dei banchieri.
Marco Della Luna da MZ - Il giornale del ribelle